Buena Vista Social Club, Che Guevara, mare e sole: queste erano le cose che avevo in mente pensando a Cuba prima di andarci. Un po’ riduttivo penserete voi. È vero lo so, ma credo di non essere stata la sola ad aver confezionato l’idea di un posto tanto lontano geograficamente e culturalmente in modo un po’ frettoloso e superficiale.

Primo viaggio non in senso assoluto per me, avevo già avuto la fortuna di sconfinare dall’Italia molto tempo prima, con le amiche, con il fidanzato, in famiglia; però per me questo resta il primo viaggio perché sono partita con una forma mentis diversa: ero tornata single dopo 5 anni, avevo trovato un nuovo lavoro e soprattutto avevo voglia di ignoto e di avventura.

Sono stata fortunata perché ho trovato una compagna di viaggio pronta a soddisfare questo mio ultimo desiderio e soddisfarlo alla lettera: zaino in spalla e via, senza quasi prenotare nulla e senza avere la certezza di partire fino a 3 giorni prima. Ecco diciamo che per una timorosa e poco incline al cambiamento come me la cosa ha generato non poca ansia ma si sa “sono cambiamenti solo se spaventano” cit. Subsonica.

Però mi sentivo pronta, volevo partire, volevo andare in un paese che sentivo così esotico e ispanofono (volevo finalmente poter ri-parlare quella lingua tanto amata e imparata all’università).

Settembre 2015: si va, inaugurando una serie di compleanni festeggiati all’estero e di cui non mi sono mai pentita. Cariche di zaino e di tante aspettative partiamo da Milano Malpensa e dopo scalo tecnico a Holguín, atterriamo finalmente a l’Havana. Non starò qui a raccontarvi solo il bello, bensì tutta la verità nient’altro che la verità; arrivate in aeroporto nella capitale scopriamo che non ci sono i bagagli e che Laura molto probabilmente aveva la febbre. Benissimo direte voi, ottime premesse, ma il viaggio è anche questo.

Dopo ore di attesa recuperiamo i bagagli e ci accingiamo a prendere un taxi: qui capiamo subito cosa significa essere straniere in terra straniera e, da parte mia, anche un po’ prevenuta. Mai come in questo viaggio e in quelli a venire ho capito davvero cosa significa l’espressione “il viaggio ti apre la mente” ma io aggiungo “solo se vuoi tu che si apra”.

Il tassista sbaglia strada, forse volutamente, chiedendoci quindi più soldi per la corsa ma noi siamo risolute e io, attaccando con il mio spagnolo accademico, faccio capire al conducente che avevamo comunicato l’indirizzo corretto e che quindi ci doveva portare a destinazione.

Arriviamo abbastanza provate nel centro de la Havana dove avevamo deciso di dormire in una “casa particular” (abitazioni private che vengono messe a disposizione dei proprietari per i turisti e che costano relativamente poco).  Il giorno seguente ci immergiamo da subito nel tessuto cubano: giro a piedi per il centro decadente e affascinante de la Havana Vieja , giro in carrozza (lo so, questo è meno “local”) con tanto di fermata a una farmacia locale dove il nostro cocchiere si ferma a comprarci per la cifra di 1 cuc (moneta locale 1 cuc= 84 cent di euro) un antidolorifico, anti raffreddore, anti tutto insomma che rimette a nuovo Laura in meno di un’ora.

Mi ha colpito tutto di questa città: l’anima decadente ma resistente, la gente per strada, la musica proveniente da ogni angolo, la semplicità, la povertà e l’umiltà che non avevo ancora mai visto davvero nei viaggi precedenti, i taxi in stile anni 50’ tirati a lucido per i turisti in netto contrasto con le strade dismesse e polverose, l’approccio quasi invadente ma genuino degli uomini cubani quando passavamo a piedi per le vie del centro; la solennità della Plaza de la Revolución con il memoriale dedicato a José Martí e la faccia del Che; il Campidoglio che si erge bianchissimo su un cielo azzurro mai visto prima e affianco il fascino coloniale dell’hotel Inglaterra sotto cui portici un giorno abbiamo atteso un tour per visitare l’entroterra e uno dei pochi punti della città dove ci si poteva collegare a internet. E infine ma non per importanza, la meraviglia del tramonto ammirata lungo il Malecón , così è chiamato il lungomare de la Havana dai cubani, che lo animano appunto dal calar de sole sorseggiando una birra o stando semplicemente seduti ad ammirare l’oceano.

Avrei voluto avere più tempo a disposizione per poter visitare altre città come Cienfuegos, Santiago di Cuba, Trinidad ma avendo solo una settimana ci siamo concentrate sulla capitale, su una piccola fuga a Varadero (che ci ha accolto con un acquazzone proprio nel giorno del mio compleanno), e un mini tour prenotato sul posto che ci ha fatto scoprire la Valle de Vinales nella provincia di Pinar del Rio, situata nell’entroterra occidentale dell’isola. Qui meritano una visita, se avrete modo di andare da quelle parti:

  • La Grotta Cueva del Indio, una piccola grotta di origine caucasica che ospita un fiume sotterraneo e che si può percorrere in barca permettendovi di ammirare le stalagmiti al suo interno;
  • Il Murales della Preistoria che si trova sulle pendici del Mogoto de las dos Hermanas; il murales fu realizzato dal cubano Gonzales, allievo del famoso artista messicano Diego Rivera. Alto 120 metri largo circa 80, viene ridipinto ogni anno e rappresenta l’evoluzione biologica de la Sierra de los Organos;
  • Le numerose piantagioni di tabacco che sono presenti in quest’area e che solitamente sono incluse nei tour combinate magari anche a una visita ad una fabbrica locale di Habanos (i rinomati sigari cubani).

E poi non avrete altro da fare che lasciarvi trasportare da quest’isola e dalla sua gente:

prendete almeno un mezzo pubblico, fermatevi a parlare con qualcuno del posto, andate a comprare del pane fresco mettendovi in coda insieme ai cubani anche se vi guarderanno in maniera un po’ stupita, provate il cibo locale e non fermatevi solo ai posti più turistici come la Bodeguita del Medio (locale noto poiché frequentato da personaggi come Hemingway o Neruda) ma osate e cercate posti meno conosciuti come El Chanchullero, ristorante del centro che accoglie gli avventori con la scritta che fa il verso alla famosa Bodeguita di cui sopra: “El bar de la Habana donde nunca estuvo Hemingway (il bar dell’Avana dove non è mai stato Hemingway).

E poi lasciate da parte, se riuscite, le paure, i timori e i pregiudizi che spesso assalgono noi europei “privilegiati” quando ci rechiamo in un paese dove la povertà è tangibile e dove spesso pensiamo di fare del “bene” ma in realtà, non conoscendo le dinamiche sociali o la legge, rischiamo di far peggio. Faccio l’esempio calzante di me che, di fronte a un gruppetto di bambini imploranti denaro ho pensato ingenuamente di darglieli: non fatelo mai in quanto ai cubani (che siano bambini o mendicanti) è proibito elemosinare dai turisti e la polizia in borghese è spesso presente; risultato: una volta che voi sarete andati via questi potrebbero essere interrogati per il denaro ricevuto e la causa potreste essere voi. Mi sono sentita un sacco in colpa ma non lo sapevo: viaggiando si impara anche questo.

Cuba resterà il mio primo viaggio, quello di iniziazione a un nuovo modo di viaggiare, e per sempre nel mio cuore. Ho potuto dare un senso più pieno alle canzoni dei Buena Vista e ascoltandole, da questo viaggio in poi, mi sentirò sempre un po’ trasportata per le vie polverose de la Havana.

Vittoria

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