“Secondo me Zafòn ti piacerebbe molto”. Ci aveva visto giusto la mia amica Arianna, che un’estate di oltre dieci anni fa, mentre – in spiaggia – parlavamo di libri, mi aveva detto queste parole. Appena tornata dalle vacanze ho seguito il consiglio e sono andata in libreria a comprare “L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafón.

Come previsto, è stato amore a prima vista. Per me – che avevo visto Barcellona solo di passaggio, di ritorno da una fantastica vacanza a Tarifa – leggere dei suoi misteri e scoprire i suoi quartieri e le sue strade attraverso gli occhi di Daniel Sempere, il protagonista, è stato molto più che affascinante.

Non solo: “L’ombra del vento” è una vera e propria immersione nel meraviglioso mondo dei libri e – capirete – per una come me questo vuol dire godimento puro. Daniel è il figlio undicenne del proprietario di un negozio di libri usati che, in una mattina d’estate del 1945, lo conduce al Cimitero dei Libri Dimenticati. La storia di Daniel si intreccia, da quel momento in poi, con quella di Juliàn Carax, autore de “L’ombra del vento”, da cui il romanzo prende il nome. Insieme a Tomàs, Fermìn, Barcelò, Bea, il custode del Cimitero Isaac, Daniel scoprirà i segreti del libro e del suo autore e molte strane somiglianze tra la sua vita e quella di Carax.

Ho spesso immaginato – in una sorta di viaggio nel tempo – di percorrere con Daniel la strada fino al Cimitero – in calle Arco del Teatro – o calle Moncada, di ritorno dalla casa di Juliàn; mi sono vista, con lui, passeggiare verso la Facoltà di Lettere dell’Università passando per la Gran Vìa in una giornata di ottobre in cui “il cielo era terso e spirava una brezza che profumava di autunno e di mare (…); la città mostra il suo volto migliore ed è un piacere dissetarsi con l’acqua della fontana di Canaletas”.

Dopo il primo, sono venuti molti altri romanzi di Zafón (le sue storie ci mancano già molto) e quando, anni dopo, a Barcellona ho finalmente trascorso qualche giorno in più (anche se sempre troppo pochi), ho avuto la tentazione di andare a cercare proprio quegli angoli, quei palazzi, con il sogno di ritrovare quelle storie. L’occasione, però, era l’addio al nubilato della mia cara amica Maura e così, con lei e Arianna (no, non è la stessa dell’incipit, ma è curioso che questo nome torni) abbiamo puntato a mete diverse. Dopo una prima giornata piovosa (evidentemente tipica di aprile anche a Barcellona), un sole caldo e quasi estivo ci ha rinfrancato: la maestosità della Sagrada Familia, i riflessi colorati di Parc Güell, le stanze da fiaba di Casa Batlló, la vita nella Rambla e i profumi dei mercati hanno mosso i nostri sensi e ci hanno conquistato.

Barcellona è una di quelle città che restano nel cuore, anche se la si è conosciuta e vissuta poco: le sensazioni che ho provato lì sono indimenticabili, ma tornerò a rivederla, per perdermi finalmente tra le strade che ha percorso Daniel e, chissà, per trovare a mia volta il Cimitero dei Libri Dimenticati.

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