I primi miei ricordi di Torino sono sfocati, ma innumerevoli foto conservate negli album – sì, quelli dove un tempo si attaccavano e conservavano gli scatti più belli e importanti – aiutano notevolmente la memoria.
Sono immagini che risalgono a quando avevo due anni (non dirò quanti ne sono passati, ma chi mi conosce lo sa già e va bene così) e da allora c’è sempre stata – non so perché – una certa connessione con la capitale sabauda. E guarda un po’ …è anche merito dei libri.
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Il primo mi ha fatto ri – conoscere la città e un sacco di “amici”: Betti, Bottini, Coraci, Coretti, Crossi, Derossi, Franti, Garoffi, Garrone,Nelli, Nobis,Precossi, Rabucco (“Il muratorino”), Robetti, Stardi, Votini. Vi dicono qualcosa? Gli appassionati di classici avranno riconosciuto che no, non è una formazione di calcio, anche se uno dei nomi lo potrebbe far supporre. L’appello (perdonerete la deformazione professionale) è quello della classe di Enrico, che nel libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, è la voce narrante: sotto forma di diario dell’anno scolastico 1881/1882, il ragazzino racconta le giornate trascorse a scuola – con il maestro Perboni e la maestrina dalla Penna Rossa – e a casa, le storie – a tratti tragiche – della famiglie sua e dei compagni e la Storia. Così Enrico mi ha fatto entrare nella Torino di allora, ma anche in luoghi – fisici e non – che restano eterni.
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Negli anni ci sono tornata spesso in questa città e lei è tornata nella mia vita, più o meno metaforicamente: nelle gite scolastiche al Museo Egizio e al Museo del Cinema, nei fine settimana con gli amici e le amiche e la famiglia, con la musica.
Nel 1999 la folgorazione: i Subsonica mi scombussolano la vita e con me rimangono, da allora, legandomi ancora di più alla città magica. “Lampioni e portici (…) tra il fiume e i portici” (cit.), negli anni Torino è stata meta di viaggi brevi ma intensi: undici anni fa abbiamo festeggiato lì i trent’anni di Elena con Ema, Fra, Eli, Isa, Carla, Claudia Sara (ti pensiamo) e ci siamo immerse nelle sue atmosfere e nei suoi colori, “vivendola” anche dalla cima della Mole; poi è stata la volta dell’addio al nubilato di Isa e di nuovo le luci, i suoni e le voci di Torino ci hanno accolto e accompagnato da piazza San Carlo ai Murazzi – all’epoca ancora “vivi” – tra i riflessi che la pioggia regala, perché è uno dei pochi luoghi che restano belli anche con le nuvole (rapide).
Dopo averlo scoperto, il Gran Balon è diventato ufficialmente per me il posto dove tornare ogni tanto per ritrovare la bellezza; così è stato anche quando, qualche anno fa, grazie a Stefano – mio fratello – ho conosciuto Club to Club e di conseguenza altre zone della città che non avevo ancora scoperto: il quartiere Lingotto, le OGR, il Mercato Centrale di Porta Palazzo e, oltre il ponte Vittorio Emanuele I, il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” – con la spettacolare vista annessa.
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Quest’anno Torino è tornata prepotentemente a bussare alla mia porta e al mio cuore grazie a “Sospesi in un tempo che non ci apparteneva” del mio amico Francesco De Paola.
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Insieme a CC – Claudio Caduci, il protagonista – ho passeggiato di giorno e di notte tra Via Principe Amedeo, Via San Massimo, Via Po e Piazza Vittorio Veneto, ho ballato e suonato al Rat, ho conosciuto Combo, mi sono commossa davanti alla Gran Madre e al lungofiume, osservando da lontano la collina di Superga, uno dei pochi posti che non ho ancora raggiunto, ma che già sono nel mio cuore.
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“Il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco / Il cielo su Torino sembra ridere al tuo fianco”: in attesa di tornare a alzare lo sguardo su quel cielo, cerco il prossimo libro che me ne parli.